Alcune diagnosi, soprattutto cardiovascolari, sono state ritenute per molti anni di tipo maschile sia a causa delle informazioni epidemiologiche, sia per i cliché iconografici e comunicativi, ma anche per i messaggi derivati da studi non correttamente effettuati.
Fino agli anni ’90, infatti, le procedure di inclusione nei grandi trial ammettevano esclusivamente uomini, di razza caucasica e del peso di 70 kg, così da uniformare il più possibile i risultati, fino a quando nel 1990 gli organi di controllo della salute americani dichiararono l’inammissibilità degli studi effettuati solo su uomini.
In ambito cardiologico, la Professoressa Bernadine Patricia Healy, primario al tempo di cardiologia al Johns Hopkins Hospital, per la prima volta sollevò l’attenzione su questo tema, scrivendo nel 1991 per New England Journal of Medicine un editoriale dal titolo “The Yentl Syndrome” a commento dei risultati di due studi multicentrici. Si voleva mettere in luce come nella cardiopatia ischemica prima di un evento indice, le donne fossero sottoposte in numero minore a coronarografia, nonostante la presenza di sintomi di uguale entità ed intensità degli uomini e che anche dopo un infarto, nonostante fossero ricoverate, venissero sottoposte a coronarografia in misura minore rispetto agli uomini. Rifacendosi ad una novella di Isaac B. Singer (e al film prodotto, diretto e interpretato da Barbara Streisand nel 1983), la Healy paragonava la posizione della paziente a quella di Yentl, la protagonista del racconto, che per poter accedere allo studio del Talmud aveva dovuto travestirsi da uomo, da qui il nome di Sindrome di Yentl. L’articolo ebbe un’enorme eco e il titolo rimase nella storia, ma la differenza di approccio verso uomo e donna in cardiologia è rimasta per molto tempo e ad oggi non è ancora completamente superata, nonostante siano stati fatti notevoli passi avanti sia sul piano della ricerca che quello assistenziale.
Il problema era e rimane quello dell’accesso alle cure, della credibilità e dell’interpretazione dei sintomi, dell’affidabilità dei test non invasivi, della diagnosi differenziale e dell’effetto della propaganda sugli estrogeni.
L’infarto miocardico è sempre stato considerato una malattia al maschile e, più in generale, è diffusa l’opinione che la cardiopatia ischemica non riguardi le donne, mentre, invece, le malattie cardiovascolari dopo i 75 anni colpiscono più le femmine che i maschi.
In primo luogo, per quanto riguarda i fattori di rischio cardiovascolare, nella donna quelli tradizionali (familiarità, ipertensione arteriosa, diabete, dislipidemia, tabagismo, obesità) presentano un impatto maggiore rispetto all’uomo e recentemente ne sono stati individuati alcuni specifici per il genere femminile. Mentre nell’età giovanile l’ipertensione arteriosa è più frequente nel sesso maschile, dopo i 50 anni questa tendenza si inverte gradualmente con un incremento anche di comorbidità come infarto, ictus e fibrillazione atriale. Il diabete, per quanto abbia un’incidenza sovrapponibile nei due sessi, presenta nelle donne complicanze più gravi. La sindrome metabolica, che rappresenta uno dei fattori di rischio più importanti, ha una prevalenza nella donna con età superiore a 65 anni del 60% rispetto al 35% dell’uomo. Infine, il tabagismo è in aumento tra le donne e il rischio cardiovascolare legato al fumo di sigaretta agisce sinergicamente con l’uso dei contraccettivi orali. Esistono anche alcuni fattori di rischio specifici per le donne quali le patologie infiammatorie o autoimmunitarie (artrite reumatoide, tiroidi) che sono più frequenti nel sesso femminile; una alterata reattività vascolare; la presenza di fattori protrombotici e lo stato psico-sociale, in particolare la maggiore incidenza di sintomi ansioso-depressivi che possono sia far ritardare la diagnosi che inficiare la riabilitazione cardiologica.
Anche per quanto riguarda la presentazione clinica della cardiopatia ischemica ci sono delle differenze legate al sesso, ed in particolare al fatto che nelle donne le coronarie sono più piccole. A differenza dell’uomo in cui l’infarto miocardico si presenta più spesso con dolore precordiale da sforzo, nella donna può manifestarsi con sintomi aspecifici, come dispnea, nausea, astenia e il dolore può avere irradiazioni atipiche al dorso o al collo. Questa diversa presentazione clinica ha un impatto negativo sulla diagnosi e quindi sulla prognosi, perché si traduce in un ritardo medio di circa 10 minuti rispetto all’uomo dei tempi di rivascolarizzazione miocardica in caso di STEMI ed, in generale, le donne colpite da sindrome coronarica acuta tendono a ricevere meno frequentemente gli standard di cura in termini farmacologici ed interventistici.
Un’analisi dello studio GUSTO ha dimostrato che un quadro di infarto miocardico tipo STEMI è meno frequente nelle donne rispetto agli uomini. Nelle donna i meccanismi fisiopatologici della sindrome coronarica acuta possono essere diversi dalla coronaropatia ostruttiva, come l’erosione di placca, il vasospasmo e la dissezione coronarica spontanea. Quest’ultima è tipica delle donne (87-95% di tutte le dissezioni coronariche spontanee) con età media tra i 44 e i 53 anni e si realizza quando gli strati della parete coronarica si separano con la conseguente formazione di ematoma di parete, compromissione del vero lume e quindi del flusso coronarico.
Oltre alla cardiopatia ischemica classica con lesioni ateromasiche critiche, nella donna sono più frequenti rispetto all’uomo due presentazioni atipiche senza malattia ateromasica delle coronarie epicardiche: la sindrome di Tako-tsubo e l’angina microvascolare.
La sindrome di Tako-tsubo consiste in una transitoria disfunzione cardiaca in assenza di lesioni coronariche con aspetto balloniforme, più comunemente della parte apicale del cuore, che colpisce soprattutto dopo la menopausa (età media 67-70 anni) ed in concomitanza con forti stress emotivi o fisici. Il sesso femminile è interessato in circa il 90% dei casi. Tra le cause fisiopatologiche ipotizzate ci sono quella della cardiotossicità indotta dalle catecolamine e la disfunzione microvascolare, per cui vi sarebbe una compromissione della vasodilatazione endotelio-dipendente con eccessiva vasocostrizione e ridotta perfusione miocardica.
L’angina microvascolare, o sindrome X, è caratterizzata da dolore toracico con segni di ischemia alla prova da sforzo in assenza di coronaropatia ostruttiva. I sintomi anginosi sono spesso resistenti ai farmaci e portano a frequenti ricoveri in ospedale e nuove indagini.
Per quanto riguarda l’insufficienza cardiaca, le donne tendono a manifestare la malattia in età più avanzata rispetto agli uomini e più frequentemente si presentano con scompenso a frazione di eiezione conservata, con un rimodellamento concentrico del ventricolo sinistro e disfunzione diastolica.
Caratteristica della donna è la cardiomiopatia peripartum che, nelle forme tipiche, si manifesta con disfunzione sistolica del ventricolo sinistro con frazione di eiezione <45% in presenza o in assenza di dilatazione ventricolare sinistra verso la fine della gravidanza o nei mesi successivi al parto. La diagnosi è di esclusione e l’esordio può essere subdolo, con sintomi lievi come dispnea ed astenia che possono essere erroneamente ascritti al puerperio, oppure improvviso con segni e sintomi di scompenso acuto fino a shock cardiogeno nelle forme più gravi, con necessità di sistemi di assistenza ventricolare avanzata. La prognosi della cardiomiopatia si correla all’entità della riduzione della frazione di eiezione all’esordio e può variare dal completo recupero funzionale alla morte per scompenso cardiaco.
Altre differenze di genere interessanti in Cardiologia riguardano le aritmie, in particolare la fibrillazione atriale, la cardiomiopatia post-chemioterapia e la gestione della gravidanza in caso di cardiopatia o aortopatia…
Sicuramente ad oggi sappiamo molto di più sulle differenze di genere in ambito cardiologico, ma è necessaria una maggiore sensibilizzazione a questo tema, anche tra la popolazione, ed ulteriori studi per precisare gli aspetti fisiopatologici e farmacologici.
a cura della Dr.ssa Elena Bennati, Cardiologa AOU Meyer.