Nel 2012 nella monografie 100C su “Arsenic, Metals, Fibres, and Dusts” l’Agenzia Internazionale di ricerca sul (IARC) valutava, sulla base delle evidenze disponibili, che c’è evidenza sufficiente che l’amianto in tutte le sue forme (crisotilo, crocidolite, amosite, tremolite, actinolite, antofillite) è cancerogeno certo per l’uomo ed è stato inserito nel gruppo 1 di cancerogenicità (certo cancerogeno). L’amianto infatti causa mesotelioma e tumore del polmone, laringe ed ovaio. Con più limitata evidenza invece causa il tumore della faringe, dello stomaco e del colon retto. Anche negli esperimenti sugli animali vi è sufficiente evidenza di cancerogenicità per tutte le forme di amianto. Soffermandosi sul tumore dell’ovaio il Gruppo di lavoro che ha valutato la cancerogenicità dell’amianto ha osservato un’associazione causale con l’amianto messa in evidenza in particolar modo da 5 studi di coorte di donne esposte pesantemente per motivi lavorativi ad amianto. Tali conclusioni del gruppo di lavoro hanno ricevuto un supporto inoltre dagli studi su donne e ragazze che hanno avuto un’esposizione ambientale ad amianto che, anche se non statisticamente significative, mostrano un aumento sia nell’incidenza che nella mortalità per tumore dell’ovaio.
Per quanto riguarda il talco a cui nella monografia è dedicato un capitolo specifico e che può essere contaminato da fibre da amianto, era stato classificato dalla IARC nel 2006 come possibile cancerogeno, inserendolo nel gruppo 2B mentre per il talco privo di amianto le conclusioni della IARC è che le evidenze di cancerogenicità disponibili in quel momento erano inadeguate per il talco privo di amianto respirato (gruppo 3), mentre l’uso perineale del talco venne classificato come “possibile cancerogeno” (gruppo 2B).
Il “talco” è stato definito come talco minerale o sintetico, un silicato di magnesio idrato, che include forme lamellari e fibrose (che includono fibre asbestiformi). Il talco asbestiforme non è amianto; tuttavia, è stato segnalato che l’amianto è presente in alcuni minerali di talco e prodotti di talco come contaminante. Un’elevata esposizione professionale alla polvere di talco si verifica durante l’estrazione e la macinazione, principalmente tramite inalazione. Le esposizioni possono verificarsi anche tra i lavoratori nelle industrie manifatturiere . In biopsie umane, il talco è stato identificato in più siti pelvici distanti dal perineo, tra cui l’ovaio.
La popolazione generale è esposta per ingestione, inalazione, via cutanea o perineale.
Come presentato in una recente review (Mirabelli D. & Terracini B., E&P 2024) studi epidemiologici aggiornati o pubblicati dopo la valutazione IARC del 2006 indicano che: – non vi è stato aumento di rischio di cancro tra i lavoratori di miniere di talco privo di amianto; – il rischio di cancro ovarico aumenta successivamente all’uso perineale di talco commerciale. Diversi studi infatti suggeriscono una correlazione tra indicatori di uso di talco e rischio di cancro ovarico. Non è nota però la composizione dei talchi considerati in tali studi. La IARC, che recentemente ha rivalutato la cancerogenicità del talco nella monografia 136, non ancora pubblicata, ha reso noto recentemente le valutazioni finali del gruppo di lavoro che ha rivisto le evidenze disponibili per questa sostanza su Lancet Oncology (Leslie T Stayner et al., agosto 2024). La IARC conclude che c’erano prove “limitate” che il talco causi il cancro ovarico negli esseri umani, la maggior parte degli studi disponibili ha valutato l’uso di talco in polvere per il corpo. Rispetto alla monografia del 2006, sono state segnalate associazioni positive più coerenti per uso continuo rispetto a uso mai avvenuto in studi di coorte pooled e studi caso-controllo, inclusa l’evidenza di una relazione esposizione-risposta con frequenza o durata dell’uso. Tuttavia, non è stato possibile escludere un bias derivante da errata classificazione dell’esposizione differenziale sulla base di un’analisi del bias condotta dal gruppo di lavoro e non è stato possibile escludere anche un fattore di confondimento dovuto alla contaminazione da amianto del talco. In due studi ampiamente sovrapposti nel settore della carta e della cellulosa, in cui la potenziale coesposizione all’amianto non è stata adeguatamente considerata, è stato osservato un rischio aumentato di cancro alle ovaie tra le donne esposte al talco. Agli studi sui lavoratori nelle miniere in cui è stata documentata l’assenza di amianto è stato dato un peso maggiore. In questi studi, che non includevano donne, non è stato osservato alcun rischio eccessivo di cancro ai polmoni o allo stomaco. Le prove di questi tumori sono state quindi considerate “inadeguate”. Negli studi su animali è stata invece osservata una significativa tendenza positiva nei maschi e nelle femmine per l’incidenza di feocromocitomi (benigni e la combinazione di tumori benigni, complessi o maligni nei maschi; maligni e la combinazione di tumori benigni o maligni nelle femmine). Il talco è stato così classificato come “probabilmente cancerogeno per l’uomo” (Gruppo 2A) sulla base di una combinazione di prove “limitate” di cancro nell’uomo, prove “sufficienti” di cancro negli animali da esperimento e prove meccanicistiche “forti” in cellule primarie umane e sistemi sperimentali.
Questa valutazione sostituisce le precedenti classificazioni di “talco non contenente amianto o fibre asbestiformi” e “uso perineale di talco in polvere per il corpo” nel Volume 93 delle Monografie IARC. Il “Talco contenente amianto” non è stato rivalutato e mantiene la sua classificazione all’interno di “amianto” (Gruppo 1) dal Volume 100C. Questa riclassificazione del talco come probabile cancerogeno dovrebbe portare i consumatori ad una maggiore consapevolezza sconsigliandone l’uso all’inguine e a livello dei genitali.
Lucia Miligi, Gdl Donne Anaao, già responsabile SS di Epidemiologia dell’Ambiente e del Lavoro, Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica-ISPRO, attualmente Presidente Fondazione ISPRO